sabato 8 giugno 2013

Lo sport che salva, uccide

Per questo post ho volutamente scelto un titolo provocatorio ma, dal mio punto di vista, denso di significato.
Esso vuole da un lato rendere nota di come lo sport diventi, per molti adolescenti ma non solo, elemento "salvifico" diventando un rifugio da tutti i vari problemi che inevitabilmente, ognuno di noi si trova ad affrontare. Questo è vero soprattutto nella società americana, nella quale i ragazzi di strada molto spesso trovano come unico sfogo alla loro condizione disagiata la possibilità di giocare a basket con gli amici. Senza considerare questi casi estremi si può pensare anche a molti ragazzini che trovano nell'attività sportiva e, in particolare nei successi sportivi, un elemento di riconoscimento. 
Tutto questo interesse spesso si trasforma in vero e proprio amore incondizionato che porta l'atleta a dedicarsi completamente anima e corpo a tale causa. L'obiettivo fondamentale, prima stabilito dall'allenatore e poi dall'atleta stesso, varia a mano a mano che si raggiungono dei miglioramenti ma rimane sostanzialmente invariato: superare i propri limiti.
Se da un lato questo modo di procedere è un forte motore che porta al raggiungimento di risultati inimmaginabili, basta pensare allo sconvolgente tempo realizzato da Bolt che non smette mai di superarsi, dall'altro risulta molto rischioso.
Il rischio è proprio quello di un crollo dovuto al continuo intensificamento degli allenamenti, che può essere non solo fisico ma anche psicologico. Quest'ultimo può portare all'assunzione di sostanze stupefacenti, da un lato viste come elemento di conforto e dall'altro come la chiave per raggiungere il successo. Nel peggiore dei casi può anche portare al suicidio dell'atleta che non riesce più a sostenere la pressione sempre crescente del "risultato" che non arriva nonostante tutti i suoi sforzi. Un tragico evento si può per contro realizzare quando una volta ottenuto il successo tanto agognato lo sportivo non riesce a sopportarne le conseguenze dal punto di vista psicologico.



Questa tematica viene affrontati in più punti nel romanzo analizzato, di cui cerco di riportare i passaggi più significativi:


"<<L'odio che provi a fine giornata per tutto il lavoro è semplicemente parte del lavoro.[...]>>.
<<Ma io guardo questi ragazzi che stanno qui da sei, sette, otto anni e li vedo sofferenti, doloranti, stravolti, stanchi come sono stanco io, soffrire come soffro io e sento questo, cos'è?, terrore, questo terrore, vedo davanti a me sette o otto anni di infelicità quotidiana, di stanchezza e tensione e sofferenza giorno dopo giorno, e per cosa?, per un'opportunità di che?, di una carriera da professionista che io comincio a sospettare con orrore significherà anche più sofferenza se quando ci arrivo avrò lo scheletro stressato da tutta questa fatica.>>"



"[...] esistono giocatori juniores molto talentuosi che proprio non riescono a reggere e a tenere duro se alla fine riescono a raggiungere una buona posizione in classifica o vincono qualche torneo importante.[...] l'esempio storicamente più sconvolgente di questa sindrome aveva a che fare con un ragazzino di Fresno, nella California centrale, anche lui non appartenente a nessuna accademia [...] che, dopo aver battuto due importanti teste di serie e aver vinto il Campionato della West Coast su Sintetico Under 18, e dopo grandi brindisi alla cerimonia di premiazione e il ballo e l'essere portato in trionfo dal babbo e dai compagni di Fresno, quella notte stessa tornò a casa e bevve un bicchierone di Nesquik della Nestlè corretto con del cianuro di sodio [...] si bevve il Nesquik al cianuro nella cucina di casa appena riarredata e cadde a terra morto con la faccia blu e la bocca ancora piena del Nesquik mortale, [...]"



"<<Thorp dice che la sua eccellenza di gioco risiede nel suo anticipo. Sembra che questo Dymphna arrivi sul posto molto prima della palla dell'avversario, grazie alla sua capacità di anticipare.[...] Thorp mi dice che questa capacità eccezionale di anticipare nei ciechi è dovuta all'udito e ai suoni [...] Dice che, se costretti, si riesce a giudicare il Tass di un avversario meglio con l'orecchio che con l'occhio. [...] questa persona cieca riesce a giudicare il punto giusto dove la palla rimbalzerà grazie all'intensità del suono della palla sulle corde del giocatore avversario [...] Per questo ho deciso di sperimentare con cecità volontaria. Per addestrare l'orecchio a gradi di intensità durante il gioco. Oggi ho giocato contro Whale con la benda>>."

"Calcolano i nostri punti di rottura e mirano a farceli superare"




David Foster WALLACE, Infinite Jest, Torino : Giulio Einaudi editore, 2006




Nessun commento:

Posta un commento